Architettura evoca concretezza, muri, coperture, un rifugio, una protezione. Qualcosa che impegna tutte le capacità positive dell'uomo, dal pensiero espresso sulla carta nel progettare, alla fatica del costruire, dell'edificare e anche dopo nel conservare, nel preservare l'opera dal trascorrere corrodente del tempo. Apparentemente legare questo termine al fenomeno del nomadismo può sembrare insolito ed allora qual è la ragione per indagare questo connubio tra architettura e nomadismo. Gli avvenimenti di questi ultimi mesi, per non dire anni, hanno fatto crescere esponenzialmente in ognuno di noi la voglia di viaggiare, di muoversi, di ridefinire e di reinventare ogni tipo di spazio, da quello abitativo a quello lavorativo, ma ci sono anche altre motivazioni nello spostarsi legate alla necessità, alle costrizioni, la fuga da luoghi ostili, da guerre, calamità naturali, dalla povertà. L'architettura può fare molto per migliorare il rapporto fisico e concettuale con lo spazio e con i nuovi stili di vita e c'è un termine che accompagna bene questa idea diffusa e condivisa da tante culture, il neonomadismo.