Martina si confronta con i personaggi immaginari che abitano la sua mente: una figlia di natura ibrida, umana animale e vegetale; una madre che borbotta nei tubi della casa, ritornello di traumi infantili. Per far fronte alla solitudine ospita un artista in difficoltà, mentre un medico le offre l'occasione di un timido recupero. Nel secondo romanzo come in alcune parti del primo si acuisce un contrasto madre-figlia: Fabiola e l'adolescente Virginia commentano le reciproche mancanze e menzogne in un quaderno composto e strappato, scucito e ricucito più volte. Tuttavia anche questo diario è attraversato da un vento di follia che distrae da se stessi e a un certo punto solleva un turbine di congetture intorno all'inspiegabile allontanamento di Sergio, il marito di Fabiola. Nel terzo romanzo Virginia incontra Andrea, neolaureato in filosofia costretto da un incidente a un'immobilità temporanea accanto alla stanza della madre malata. Egli annota le conversazioni tenute on-line con un amico omonimo e con lei. Come in un diario traforato da pagine non scritte, in Trilogia della scomparsa l'autrice s'interroga sugli spazi bianchi della vita, sulle lacune, sui vuoti di senso, sull'autodistruttività che costeggia e fa da sfondo al flusso verbale.